Il palmarès di Cannes 75 riflette una indecisione ormai cronica sul cinema che si vuole rappresentare
Il Festival di Cannes è prigioniero dell’indecisione su ciò che vuole essere e sul tipo di cinema di cui vuole farsi testimone
Il Festival di Cannes è prigioniero dell’indecisione su ciò che vuole essere e sul tipo di cinema di cui vuole farsi testimone
Dal punto di vista umoristico, Triangle of Sadness è il miglior film di Östlund: ma le gag sono decisamente più sofisticate dei contenuti.
Showing Up è un film troppo intelligente e rispettoso per gettare immediatamente i suoi personaggi nel tritacarne del cinismo e negare a priori la possibilità di un gesto gentile.
Il nuovo film di Hirokazu Kore’eda sembra uno stress test del suo stesso cinema, un esperimento per capire fino a che punto lo spettatore è in grado di simpatizzare per personaggi che si muovono completamente al di fuori della legge.
È un insolito incrocio tra Hitchcock e Tintin il nuovo film del francese Nicolas Pariser, che ha chiuso la Quinzaine des Réalisateurs del 75esimo Festival di Cannes.
Con il suo terzo lungometraggio, presentato nella sezione Un Certain Regard della 75esima edizione del Festival di Cannes, il regista islandese Hlynur Pálmason firma un capolavoro dalle grandi ambizioni.
Il nuovo film di Park Chan-wook è un thriller-melò pensato già montato, che con apparente facilità riesce a trovare tantissimi modi diversi per mettere in relazione i suoi due protagonisti.
Guardando dentro sé e riemergendo fuori di sé, il protagonista di Crimes of the Future, forse Cronenberg stesso, si esprime in un prodotto, nell’estensione vettoriale di sé nel mondo.
Il nuovo film di Mungiu mette in scena il dibattito, inquinato da bugie e notizie false, riguardante il destino dei tre immigrati arrivati in un villaggio della Transilvania.
Il nuovo film di George Miller indugia sul piacere ludico del racconto e mette in comunicazione due persone che imparano a conoscersi attraverso le storie che rispettivamente si rivelano.