Avatar: La via dell’Acqua | un film dalla bellezza solitaria e inattuale
La Via dell’Acqua, nel costante gioco di emanazioni e riproduzioni che è il cinema di James Cameron, si fa immagine speculare (avatar) del primo film.
La Via dell’Acqua, nel costante gioco di emanazioni e riproduzioni che è il cinema di James Cameron, si fa immagine speculare (avatar) del primo film.
Del Toro firma un adattamento alluvionato e fosco, in linea con l’intuizione di Collodi di un Pinocchio nato in uno scoscendimento del mondo, nell’attentato del fuoco e della miseria.
Il primo film di “fiction” di Alice Diop aggiunge alla realtà l’elemento di finzione che permette allo spettatore di avvicinarsi alla storia raccontata.
In Tori e Lokita, i fratelli Dardenne colgono l’individuo sullo schermo, rinunciando alla semplificazione fascista che parla dei migranti come di un’unica chose dangereuse da cui difendersi.
Pur seguendo quasi pedissequamente il copione di Ueda, il remake di Hazanavicius è però meno sfacciatamente ammaliato dalla propria componente metacinematografica
Il film di Rossi Stuart traccia una parabola in grado di far riflettere su quanto sia difficile mollare la presa, trovare la lucidità per ammettere che non ce la si può fare da soli.
Astolfo, pur presentando lo stile riconoscibilissimo di tutto il cinema di Di Gregorio, quel tono molle e lieve e quell’andamento “trascinato”, rinuncia, senza dare troppo nell’occhio, ad alcuni dei punti fermi su cui poggiavano le storie precedenti.
Quando Warren Ellis e Nick Cave si trovarono a lavorare per la prima volta su di una colonna sonora per il cinema (l’occasione fu data da La Proposta di John Hillcoat), decisero di non lasciarsi guidare dalle immagini del film, ma di scrivere la musica esclusivamente sulla base delle
Gli orsi non esistono, perciò, affronta il suo stesso regista, mettendo a nudo l’inevitabile componente di narrazione che resiste in ogni tentativo di descrivere la realtà.
Il nuovo film di Andrew Dominik è un body horror che spinge lo spettatore a riflettere sulla voracità del proprio sguardo.