Il 2024 è sicuramente un anno da festeggiare per il cinema tedesco. Senza considerare l’inedita presenza della lingua tedesca in alcuni dei film internazionali candidati agli Oscar (Anatomia di una caduta e La zona di interesse), la prossima edizione degli Academy Awards vedrà infatti tre illustri tedeschi protagonisti delle candidature al più prestigioso riconoscimento in ambito cinematografico nel mondo: l’attrice Sandra Hüller, il veterano Wim Wenders con Perfect Days (candidato però dal Giappone) e la nomination più inaspettata, quella di İlker Çatak per La Sala Professori, atipico “thriller” scolastico che chiama in gioco conflitti razziali, sociali e di genere.

Il film racconta la storia di un’insegnante delle medie (la bravissima Leonie Benesch) al suo primo incarico di lavoro, che si ritrova a dover indagare su alcuni misteriosi furti che rischiano di minacciare la serena quotidianità dell’ambiente scolastico. I sospetti cadono subito su di uno studente e così la nuova arrivata decide di indagare personalmente, scatenando alcune reazioni a catena che porteranno scompiglio in tutto l’istituto. L’ispirazione principale, per stessa ammissione del regista, è quella di Uncut Gems dei fratelli Safdie, da cui riprende la narrazione fatta solo per “scene chiave”, con pochissimi momenti di quiete e di giuntura tra le varie sequenze. Sembra, infatti, che ogni scena che non prevedesse uno scontro, un dibattito, un litigio, sia stata volutamente rimossa dal montaggio. Lo spettatore si ritrova immediatamente catapultato nel film, che comincia “in medias res”, e da quel momento si muove di conflitto in conflitto, con una tensione sempre montante accentuata dalla colonna sonora volutamente ripetitiva di Marvin Miller, con cui Çatak lavora ormai da un decennio.

Quasi tutto quello che viene raccontato nasce da esperienze vissute dal regista e dal suo co-sceneggiatore, Johannes Duncker, ai tempi della scuola. A causa delle loro origini etniche, i due venivano regolarmente perquisiti, accusati senza motivo di malefatte commesse da altri, costretti a nascondere la loro provenienza e la loro lingua. L’umiliazione è un sentimento potentissimo e la calunnia, l’insinuazione razzista, una delle violenze più grandi che si possano subire a quell’età. Il film tiene molto in considerazione, però, anche la questione di classe, insieme a quella del razzismo e del sessismo. Questione che entra in gioco quando gli insegnanti cominciano a mettere in discussione le professioni svolte dai genitori dei ragazzi turchi, insinuando che questi abbiano poco tempo da dedicare all’educazione dei loro figli. O ancora nella figura della segretaria, che è all’ultimo gradino di questa piramide sociale: è la prima ad arrivare, l’ultima ad andare via e quella che guadagna di meno. Se oggi molte delle nostre attenzioni sono rivolte, giustamente, alle questioni di genere e razziali, sempre troppo poco si menzionano le differenze di classe e come queste alimentino le altre forme di discriminazione. Cosa che invece il film di Çatak affronta in maniera intelligente.

Benesch (scelta dal regista per la sua straordinaria capacità di arrossire a comando) ha l’incredibile capacità di essere allo stesso tempo tenera e feroce, muovendosi magnificamente in una messa in scena che, con la precisa scelta dei punti macchina e con la direzione della fotografia, accentua l’ambiguità di una scuola “liberals” che però non riesce a sedare le proprie tendenze autoritarie. In questo senso, la scuola diventa metafora di una società intera e il consiglio d’istituto la miniaturizzazione del governo di una nazione.

La stessa storia di questo film e del suo regista sono però un antidoto al razzismo dilagante, all’avanzata delle destre xenofobe, specialmente in Germania. Immigrato di terza generazione, İlker Çatak è il nipote di una coppia di turchi che negli anni Sessanta, da contadini e analfabeti, sono arrivati in Europa e hanno contributo alla ricostruzione di un Paese devastato dalla guerra. Oggi, a distanza di sessant’anni, uno dei figli di quella famiglia di migranti rappresenterà con orgoglio la Germania a Los Angeles durante la notte degli Oscar. Esiste miglior esempio di integrazione di questo?