Il vero esordio dietro la macchina da presa (dopo un piccolo progetto indipendente) di Taylor Sheridan, già sceneggiatore di Sicario ed Hell or High Water, evidenzia già nel nome, Wind River, l’importanza che ricopre il luogo in cui svolge il racconto. Ciò significa non solo che i personaggi, posti in quel luogo, devono necessariamente confrontarsi con le rigide regole che lo governano, ma che la descrizione stessa dell’ambiente è necessariamente affidata ai comportamenti delle persone che li abitano. I protagonisti di Wind River non sono quindi importanti per le storie che li riguardano, quanto per svelare a chi guarda le crudeli dinamiche che governano le comunità di confine nelle quali vivono, dove ogni piccolo gesto sembra comportare conseguenze enormi.
Come nella sua precedente storia di rapinatori di banche con Chris Pine e Ben Foster, che aveva il proprio cuore nelle pagine di Joe R. Lansdale, anche qui la descrizione dell’America profonda che fa l’autore è senza scampo: i ragazzi più giovani rinunciano al college (o all’esercito) per la droga e i loro padri, spesso violenti e misogini, sono sempre via di casa a lavorare o ad ubriacarsi. Persino “l’eroe” della storia non cerca altro che vendetta personale e giustizia privata. Non è quindi un caso se il solo personaggio che sembra essere animato da buone intenzioni sia anche l’unico proveniente dalla città ed estraneo a quei luoghi feroci dove si è cacciatori o prede.
Ad accompagnare le bellissime immagini c’è la colonna sonora del duo Nick Cave & Warren Ellis, ormai i compositori ufficiali del nuovo western contemporaneo, da La Proposta e L’assassinio di Jesse James fino allo stesso Hell or High Water. L’America di Sheridan, quella lontana dalle grandi metropoli, dove “i soccorsi non arrivano mai prima di un’ora”, è un territorio che non ammette la vita ma solo la sopravvivenza. La neve in Wind River è così bianca che sembra quella de Il grande silenzio di Sergio Corbucci ed è un elemento fondamentale nella narrazione e non solo descrittivo del paesaggio. È nella neve che si svolgono i duelli, come quello de I compari di Robert Altman, e non si muore per i proiettili ma per aver corso troppo a lungo a piedi scalzi.
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