Alla fine, stringendo stringendo, Dream Scenario è un film sulla fama, sul successo inaspettato che travolge un uomo comune, come ce ne sono già stati tanti altri. Ed è proprio questo il suo vantaggio: riuscire a sopravvivere alla sua premessa bizzarra (il mondo che comincia a sognare Nicolas Cage) senza cadere vittima dell’ostentata “coolness” e senza annoiare con l’apologia dell’eccentrico che spesso affossa questo tipo di operazioni. Piuttosto che resuscitare fuori tempo massimo il vecchio creepypasta di “Hai mai sognato quest’uomo?”, il film riflette sugli involontari protagonisti dei meme (Andràs Aràto, per citarne uno), che si trovano a gestire la celebrità al tempo dei social network senza magari possedere le adeguate conoscenze del mondo digitale. Quelle persone che diventano famose da un giorno all’altro, per ragioni che nulla hanno a che vedere con la loro identità, con la loro storia personale o con il loro lavoro. Che scoprono di vivere in un mondo in cui improvvisamente si può diventare famosi per pura casualità, trovandosi costretti a fare i conti con le pesanti conseguenze della notorietà.

Kristoffer Borgli fa benissimo almeno due cose: non è mai sbrigativo o approssimativo nell’approfondire la sua metafora e fonda la sua storia su di un protagonista tridimensionale e mai macchiettistico. Un protagonista di cui probabilmente solo Nicolas Cage poteva vestire i panni con una tale confidenza. Nessun altro attore è in grado di gestire il tono surreale come lui: lì dove altri suoi colleghi hanno due o tre sfumature di recitazione surreale e sopra le righe, lui ne padroneggia dozzine, da quelle più inquietanti a quelle che comunicano confusione, paura e tenerezza. Se fossimo alla fine degli anni Novanta, probabilmente Cage, per un ruolo come quello in Dream Scenario, sarebbe già uno dei possibili contendenti all’Oscar. Non è solo il suo migliore film da tempo, ma uno in cui finalmente dimostra a tutti di essere capace di controllare sé stesso, farsi complesso e raffinato, lavorando su di uno spettro vastissimo di emozioni che spaziano dall’esagerazione di Via da Las Vegas al minimalismo silenzioso di film più recenti come Pig.

La sceneggiatura di Dream Scenario è abbastanza intelligente da utilizzare lo stratagemma del “sogno” non come semplice gimmick narrativo, ma come ulteriore strumento di analisi per raccontare il mondo del marketing, della pubblicità e dell’economia digitale. Arrivando anche a mettere in scena, come mai era stato fatto prima d’ora, gli errori che ingenuamente si possono commettere quando si è privi degli strumenti professionali utili a gestire la strategia di comunicazione con il proprio pubblico di riferimento. Il professor Paul Matthews, pur mosso da buone intenzioni e da ragioni che il pubblico non fatica a comprendere, scoprirà, a sue spese, che spesso la spontaneità e la verità non sono le armi giuste da utilizzare nell’agone dei social.