Non c’è occasione, nel corso di The Disaster Artist, in cui James Franco non cerchi di ricordare al proprio pubblico quello che secondo lui dovrebbe essere il vero senso della sua opera: dalle iniziali parole di Greg Sestero (“A Wiseau non frega nulla che gli altri giudichino quel che fa”), alla scena conclusiva con le persone in sala che applaudono felici alla prima di The Room. Ma se Franco voleva realizzare una eulogia della dedizione e della tenacia (anche quando non sono messe al servizio di qualcosa di grandioso ma di un sogno improponibile), il suo nuovo lavoro sembra invece negare la propria ragion d’essere.

Franco, narrando il folle desiderio di Tommy Wiseau di dirigere un suo film senza avere alcuna idea delle regole basilari del cinema, non ne elogia la perseveranza e le ambizioni, bensì ne ridicolizza l’inadeguatezza. Se Tim Burton nel suo biopic di Ed Wood tralasciava la sua scarsa padronanza del medium per apprezzarne la passione, James Franco sembra piegarsi alle logiche più comuni della comedy americana e confeziona un lavoro in grado di reggersi quasi solo sulla sua “coolness” (numerosissimi i camei di personaggi famosi), ma che in nessun modo veicola quel messaggio che dice, almeno a parole, di avere a cuore.

Pur cercando di convincere chi guarda di essere ciò che non è, ovvero un omaggio alla pervicacia di chi crede in un sogno pur non avendo nessun mezzo per raggiungerlo, Franco fa davvero ben poco per mascherare la sua anima più vanagloriosa, arrivando persino a comparare le scene del suo film alle sequenze originali di quello di Wiseau, solo per esibire la sua (innegabile) cura nel ricreare ciò che è impossibile riprodurre con precisione (ovvero le immagini del cinema).

Così, man mano che ci si avvicina alla conclusione, non è più la vicenda di Wiseau ad appassionare, ma quella del suo amico Sestero, il giovane belloccio che si lascia ammaliare dal carisma improbabile di quello che lui considera un eroe e non un pazzo, sino a sacrificare la propria carriera per la realizzazione di un film pessimo, ma in cui crede in una maniera così inspiegabile da far commuovere. È lui la vera anima del film, forse il solo personaggio a non uscirne come uno scemo ma come un amico fedele che non abbandona il suo compagno persino dopo mille screzi e delusioni. Ed è proprio nella figura di Greg Sestero che emerge quello che The Disaster Artist voleva essere ma non è.