Kathryn Bigelow con Detroit dirige il suo primo film pedagogico
È davvero complesso giudicare un lavoro come Detroit. E lo è ancora di più se si pensa a Kathryn Bigelow come la regista a cui si devono due dei più significativi "war movie" del ventunesimo secolo. A cui si deve un modo di inscenare la guerra che fugge dallo "show" del cinema americano, che in Zero Dark Thirty forse ha raggiunto il suo apice grazie anche alla forza di un personaggio come quello di Jessica Chastain, dimostrando che se le donne oggi possono lavorare in un campo storicamente maschile, come quello delle operazioni militari o, in chiave metacinematografica, quello del cinema di guerra, è perché operano seguendo logiche che non sono quelle dei maschi. La Bigelow si è sempre posta nella posizione più ardua per raccontare queste storie di violenza e tortura, scegliendo di mostrare la guerra nelle sue zone grigie di ambiguità e non con la semplificazione di chi sposa aprioristicamente le ragioni di una delle fazioni.
Ed è stata una regista che ha sempre saputo aderire ad una narrazione coerente con quello che decideva di mostrare, come testimonia The Hurt Locker, in cui la guerra in Iraq era prevalentemente una guerra di immagini come nel Redacted di Brian De Palma (storicamente è stata la prima ad arrivare a noi con un numero enorme di reportage digitali, servizi televisivi e documentari).
Detroit è un’opera profondamente diversa da quei due capolavori proprio per una impostazione che è invece didascalicamente pedagogica. Non ci sono sfumature nelle violenze dei bianchi in divisa che manganellano i neri nei loro quartieri né in quegli interrogatori il cui scopo non è la verità ma la giustizia sommaria. E sorvolando sulla qualità tecnica che non può essere messa in discussione e sulla bravura di una regista che ha sempre meno da dimostrare, ci si chiede il perché di questa scelta (certamente voluta) di rinunciare alla complessità per perseguire una missione di carattere educativo.
I più cinici parleranno di "convenienza" ma forse per la Bigelow è la Storia, almeno in questo caso, ad imporre una presa di posizione senza compromessi.