Venezia 81 | Baby Invasion prosegue la sperimentazione post-filmica di Harmony Korine

Il tentativo, dichiarato, di Harmony Korine, è quello di ipotizzare ciò viene dopo il cinema. Superare il film, approdando a uno strano connubio tra video-arte e videogioco. Il primo banco di prova era stato Aggro Dr1ft, estenuante cerimonia sperimentale, interamente filmata con una telecamera termica, piena di rabbia e amore, che sfiniva, arrivando però a rendere piacevoli le sue immagini magmatiche, laviche, che colavano davanti ai nostri occhi trascinandosi appresso i detriti del cinema che era stato spazzato via. Se però Aggro Dr1ft era un anti-film che, ironicamente, trovava il suo culmine nell’esperienza collettiva al cinema, con un impianto audio adeguato e nel buio della sala, stavolta Korine si fa ancora più radicale e mette a punto un’esperienza che di cinematografico ha ancora meno, che sembra essere stata pensata per una fruizione completamente differente: né al cinema e né in salotto, ma piuttosto nei club e nelle discoteche, dove pure il regista americano aveva proiettato il precedente lavoro accompagnandolo con un dj-set. 

Sembra essere proprio quella la “destinazione d’uso” di Baby Invasion, un film che non esige la costante attenzione dello spettatore, ma che può invece essere lasciato in sottofondo mentre si fa altro (che è lo stesso metodo con cui si seguono le dirette degli streamers su Twitch). Infatti, a differenza di Aggro Dr1ft, stavolta il film non replica troppo fedelmente le dinamiche videoludiche (non lo faceva neanche il primo, in realtà, se non dal punto di vista estetico, simulando la computer grafica e i movimenti macchinosi e ripetitivi degli npc) ma ricrea il flusso video live di chi ai videogame ci gioca per il piacere del pubblico che li segue sulle piattaforme di streaming e, in tempo reale, commenta, scherza, tifa, utilizzando la chat (che qui scorre, esattamente come avviene su Twitch, al lato dello schermo). Anche tutti gli inserimenti grafici, le sovrimpressioni, le caotiche scritte che compaiono su schermo, non sono tanto quelle che troveremmo in un videogioco, ma sono invece più simili a quelle che segnalano sottoscrizioni, obiettivi di visualizzazioni, durante le dirette degli streamer. Insomma, Korine si inventa persino il suo pubblico. Ignora quello reale (rispetto al quale pare non avere alcun interesse) e ne crea uno fittizio. 

È un organismo autosufficiente quello di Korine, a cominciare dalla colonna sonora di Burial, al punto che non si fatica ad immaginare un nuovo tour nei club del producer inglese con il film a svolgere la funzione di “visual“. Ma oltre ad essere un film senza pubblico, Baby Invasion è anche un gioco senza giocatori, considerando il limitatissimo e marginale coinvolgimento del protagonista Yellow nella missione che dovrebbe portare a termine con il suo team. Anche lui è più che altro uno spettatore, più che un elemento attivo nelle dinamiche del gioco. Uno che entra in campo, che si “connette”, quando la maggior parte del lavoro sporco è già stata fatta. Ovviamente, del mondo online, il film canalizza anche la violenza e la sua sostanziale impunità, dal momento che non sembrano mai esserci potenziali conseguenze per le azioni efferate che vengono commesse, come se queste avvenissero in un terreno sul quale nessuno ha davvero giurisdizione. Mettendo in scena un first-person-shooter che rimescola alcune delle idee di Spring Breakers e Trash Humpers, il regista gioca su diversi temi, tra cui quelli della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, ma anche dell’anonimato online, della possibilità di nascondere la propria identità e, quindi, anche l’identità dell’autore dietro l’opera. Lo sa bene Burial, che nei primi anni di attività musicale decise di restare in anonimato. Baby Invasion è, quindi, anche rispetto ad Aggro Dr1ft, sempre meno un film di Harmony Korine e sempre più un prodotto del collettivo EDGLRD. Una sperimentazione corale che assume in entrambi i film una dimensione comicamente spirituale, che si sostanzia in una discesa agli inferi (Aggro Dr1ft) o nella tana del coniglio (Baby Invasion). In entrambi i casi, proiezioni mistiche poligonali, immagini sacre di una nuova religione digitale.